Il diabete, o più correttamente diabete mellito, fa parte delle malattie croniche a carattere metabolico che causa la presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) dovuti ad un’alterazione quantitativa o funzionale dell’insulina. L’insulina è l’ormone prodotto dal pancreas che permette al glucosio di accedere alle cellule e viene poi utilizzato dalle stesse come fonte energetica. Quando ci sono alterazioni in questa trasformazione, il glucosio tende ad accumularsi nel circolo sanguigno.
Oggigiorno vengono riconosciuti dalle società medico-scientifica 3 macro classi di diabete mellito: il diabete di tipo 1, il diabete di tipo 2 e il diabete gestazionale.
Diabete di tipo 1
In questa classe di diabete il malfunzionamento del pancreas inibisce la produzione di insulina causata dalla distruzione delle cellule ß artefici della produzione di questo ormone: per compensare tale mancanza è necessario al paziente iniettarsi dell’insulina ogni giorno per tutta la vita. Il tempo in cui avviene la distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui in alcune persone la malattia potrebbe manifestarsi prima di altri, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e meno velocemente in adulti e anziani (questa forma è particolarmente rara e viene chiamata LADA: Late Autommune Diabetes in Adults).
Generalmente nelle classi di diabete questa forma è presente in circa il 10% di pazienti e può sorgere in età infantile o nell’adolescenza.
Diabete tipo 2
È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. Non sono chiare ancora le cause specifiche, però per la scienza è certa l’impossibilità di assorbimento dell’insulina da parte delle cellule dell’organismo del paziente affetto da tale condizione anche se in questo caso il pancreas è in grado di produrla differentemente dal diabete di tipo 1.
In genere la malattia si manifesta in età più avanzata -dopo i 30-40 anni- e numerosi fattori di rischio sono da associare alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità, la poca attività fisica, l’obesità e il sovvrappeso. Influisce inoltre anche la provenienza specifica di alcune tipologie etniche.
Questa patologia può essere latente per molti anni in quanto l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e la condizione iniziale non è cosi grave da dare i classici sintomi del diabete. Solitamente la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza di una situazione di stress fisico (infezioni o interventi chirurgici).
Nel diabete di tipo 2 si possono verificare forme rare di affezione, dette MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young), in cui la patologia ha un esordio giovanile e identificando nel suo esordio rari difetti genetici.
Generalmente le cause che possono condurre a questa condizione patologica possono essere riconducibili a fattori ereditari ed ambientali. Analizzando e studiando in maniera selettiva si è evidenziato che esiste un fattore di trasmissione ereditario, non ancora ben chiarito, che espone alcune popolazioni o addirittura alcune famiglie a tale patologia.
Alla genetica spesso si possono abbinare alcuni fattori scatenanti quali l’obesità. Le cellule hanno bisogno di zucchero per vivere, tanto maggiore è il numero di cellule da alimentare tanto maggiore sarà il fabbisogno di insulina.
Nei pazienti affetti da obesità, quindi, l’insulina prodotta non è sufficiente a soddisfare le necessità di quest’ultima da parte dell’organismo.
I fattori ambientali scatenanti possono essere diversi ma alcuni hanno un forte impatto nello sviluppo del diabete come la vita sedentaria, lo stress e alcune malattie.
Queste condizioni impongono al pancreas un lavoro aggiuntivo a causa dell’aumento del fabbisogno di glucosio e quindi di insulina dell’organismo. Nel caso in cui il pancreas fosse indebolito da una predisposizione ereditaria al diabete, questi altri fattori accelerano l’insorgenza del disturbo. Anche l’invecchiamento biologico dell’organismo incide in maniera negativa nella funzionalità di tutti gli organi, perché con l’avanzare dell’età queste strutture non sono più performanti e per il pancreas questo processo si converte nell’incapacità di rispondere prontamente alla richiesta di insulina ricevuta.
Esistono inoltre fattori di rischio che non vanno sottovalutati e che possono rendere alcune persone più predisposte di altre a sviluppare il diabete di tipo 2.
I principali fattori di rischio sono:
- Obesità (BMI maggiore o uguale a 30 kg/m2 per il DM2);
- Inattività fisica;
- Ipertensione (PAS maggiore o uguale a 140 mmHg e\o PAD maggiore o uguale a 90mmHg);
- Colesterolo HDL (minore o uguale a 35 mg/dl);
- Trigliceridi (maggiori o uguali a 250 mg/dl);
- Dieta a elevato contenuto di grassi che favorisce l’obesità:
- Consumo di alcol:
- Etnia: il maggior numero di casi si registra nelle popolazioni dell’Africa sub-sahariana e del Medio Oriente e Nord Africa;
- Diabete gestazionale, ossia il diabete che compare nel corso di una gravidanza.
Non esistono cause specifiche invece per il diabete di tipo 1, ma esistono alcune forme virali a volte anche non gravi, che possono attaccare e distruggere le cellule del pancreas che producono insulina, quali:
- Morbillo
- Cytomegalovirus
- Epstein-Barr
- Coxsackie virus
Circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la corrispondenza della malattia si avvicina al 100.
Analizzando questi dati si evince quindi che esiste una forte componente ereditaria in questo tipo di diabete.
Spesso la presenza di iperglicemia non dà alcun sintomo né segno, per tale motivo il diabete è considerato una malattia subdola. In alcuni casi i sintomi compaiono quando la malattia è già presente da anni. La sintomatologia classica, nei casi acuti, è caratterizzata da stanchezza, aumento della sete (polidipsia), aumento della diuresi (poliuria), lenta guarigione delle ferite, visione offuscata, perdita di peso non ricercata, a volte addirittura concomitante all'aumento dell'appetito, malessere, dolori addominali, sino ad arrivare, nei casi più gravi, a confusione mentale e perdita di coscienza.
La costante presenza di valori di glicemia superiori alla norma aumenta il rischio di complicanze macrovascolari e microvascolari (danno dei vasi sanguigni).
Le maggiori complicanze derivate dal diabete possono arrecare al paziente diversi danni, che si dividono in:
- Neurologici (neuropatia): alterazione anatomica e funzionale del sistema nervoso centrale, periferico e volontario, deficit sensitivi, motori, visivi, acustici.
- Renali (nefropatia): danno alle strutture filtranti del rene (glomeruli e tubuli renali) che può portare in casi estremi alla dialisi (in Italia il 30% dei pazienti in terapia dialitica sono diabetici).
- Oculari (retinopatia): causati da iperglicemia cronica e ipertensione. Portano ad alterazione dei vasi sanguigni con conseguente peggioramento della vista fino alla cecità.
- Cardio-cerebrovascolari: infarti miocardici o cardiopatie ischemiche, ictus cerebrali.
Nel diabete tipo 1 si manifestano rapidamente e con grande intensità; nel diabete T2, invece, i sintomi sono meno evidenti, hanno uno sviluppo molto più lento e possono passare inosservati per mesi o anni. Spesso la diagnosi avviene per caso, in occasione di esami fatti per qualsiasi ragione: il riscontro di una glicemia > 126 mg/dl permette di fare diagnosi di diabete Tipo 2, che va confermata con un secondo dosaggio di glicemia e di HbA1c.
Per diagnosticare il diabete è necessario sottoporsi a delle specifiche analisi del sangue. Sono sufficienti il valore di glicemia a digiuno confermato in almeno due giornate differenti, in alternativa valori di emoglobina glicata confermati da un secondo prelievo, oppure riscontro di glicemia in presenza di sintomi.
Questi elencati sono esami e parametri che permettono allo specialista di definire se un paziente è affetto da diabete:
- L'emoglobina glicata (HbA1c) Quando è uguale o superiore a 6.5% (in due circostanze; misurata con metodo allineato allo standard DCCT) lo specialista ha la certezza di presenza di malattia. Nel caso in cui fosse compresa tra 6.00 e 6.49% invece siamo in presenza di un alto rischio di diabete.
oppure
- Qualora la glicemia misurata in laboratorio fosse uguale o superiore a 126 mg/dl (al mattino, dopo 8 ore di digiuno, in due circostanze) saremmo di fronte ad un caso conclamato mentre in caso di glicemia a digiuno fra 100 e 125 mg/dl saremmo in presenza di un alto rischio di essere portatori di malattia.
oppure
- La glicemia è uguale o superiore a 200 mg/dl alla seconda ora dopo un carico orale di glucosio (in due circostanze)
oppure
- La glicemia è uguale o superiore a 200 mg/dl in un momento qualsiasi della giornata in presenza di disturbi (sintomi) tipici della malattia (basta una sola circostanza). Esistono anche condizioni in cui i livelli di glucosio nel sangue non sono ottimali e rappresentano un aumentato rischio di sviluppare il diabete in futuro. Queste condizioni sono così diagnosticate e definite:
Un soggetto ogni 5 in queste condizioni sviluppa il diabete in 5 anni.
Nel caso in cui ad un paziente venga diagnosticato il Diabete di tipo 2, il percorso di cura è supportato da diversi trattamenti validati e riconosciuti che possono essere molto efficaci per la cura e il controllo di questa malattia. La sua diffusione è dovuta in gran parte all’aumento dell'obesità e allo stile di vita, pertanto una corretta alimentazione e un'attività fisica costante rappresentano il cardine del trattamento del diabete. In assenza però di un trattamento farmacologico adeguato solo il 10% dei pazienti con diabete di tipo 2 riesce a tenere sotto controllo nel tempo la malattia e comunque le linee guida nazionali e internazionali raccomandano di associare alla terapia educazionale (legata allo stile di vita) la terapia farmacologica.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica per il trattamento del diabete di tipo 2 sono utili i seguenti prodotti terapeutici:
- Farmaci secretagoghi (sulfaniluree): agiscono sul metabolismo degli zuccheri; utili per l’aumento di peso controllato e per dare ipoglicemia in quanto stimolano il pancreas a produrre insulina (ma non regolato alla quantità di zucchero circolante).
- Biguanidi (metfromina): migliorano la sensibilità periferica dell'insulina normalmente prodotta, possiedono un lieve effetto positivo sul peso corporeo, possono generare disturbi al tratto gastroenterico.
- Tiazolidinedioni: anch'essi migliorano la sensibilità periferica dell'azione insulinica, agiscono sul metabolismo degli zuccheri, diminuiscono i trigliceridi (possono aumentare il colesterolo HDL), possono causare un aumento di peso.
- Agonisti del recettore GLP-1: stimolano il pancreas a produrre insulina in maniera fisiologica -quindi in relazione all'iperglicemia-, possono favorire una perdita di peso in alcuni casi anche importante e possono dare disturbi al tratto gastroenterico.
- Inibitore della DPP-4: effetti sul metabolismo degli zuccheri in maniera simile ai precedenti ma con effetti minori e nulli sul peso.
- Inibitori dell'alfa-glucosidasi: riducono l'assorbimento intestinale del glucosio.
- Insulina: anche i pazienti affetti da diabete di tipo 2 spesso possono giovare del trattamento con insulina sottocute a volte associata alle terapie descritte in precedenza.
La terapia e lo stile di vita sono utili a garantire i seguenti valori glicemici ad un paziente affetto da diabete:
- Glicemia a digiuno e pre-prandiale (prima di pranzo e prima di cena) compresa tra 90-130 mg/dl;
- Glicemia post-prandiale (due ore dopo i pasti) 180 mg/dl;
- Emoglobina glicata <7%
Non esiste una terapia farmacologica valida per tutti i pazienti affetti da tipo 2, ma per ognuno di loro può esistere una terapia personalizzata in relazione alle differenti caratteristiche.
Per quanto riguarda il diabete mellito di tipo 1 attualmente non esiste una cura specifica e l'unica terapia possibile è la somministrazione di insulina esogena che l'organismo non può produrre autonomamente.
I pazienti affetti da diabete di tipo 1, infatti, devono sottoporsi per tutta la vita alla terapia insulinica. I risultati della ricerca scientifica però nel corso degli ultimi anni hanno reso la terapia molto più semplice da seguire.
Oggi i pazienti diabetici possono raggiungere l’obiettivo del controllo dei valori della glicemia molto più facilmente e senza rinunciare alle spontaneità e alla flessibilità della vita di tutti i giorni.
Sono disponibili nuove terapie per il diabete che prevedono il ricorso ad insulina più fisiologica, molto più simile nel suo funzionamento a quella prodotta dal corpo umano, più efficace nella gestione dei valori del glucosio nel sangue e più facile da somministrare per il paziente.
Per il paziente diabetico è fondamentale non fumare e controllare anche farmacologicamente i valori pressori ed i valori dei grassi nel sangue (colesterolo ldl e trigliceridi).
Alimentazione
Il livello glicemico dipende anche, ma non solo, dai carboidrati (zuccheri) che vengono ingeriti con la dieta.
Un’alimentazione corretta si rivela fondamentale per correggere l’alterazione di lipidi presenti nel sangue (dislipidemia) spesso frequente nel diabete tipo 2.
La dieta va personalizzata in base all’età, alla tipologia di diabete e agli obiettivi di forma fisica (riduzione peso corporeo), alle abitudini e alle preferenze alimentari, alle attività e anche alle disponibilità economiche del paziente e deve essere organizzata da uno specialista nutrizionista che deve seguire ogni fase monitorandone i risultati.
Anche per le donne con diabete gestazionale e per le donne diabetiche durante la gravidanza è fondamentale costruire un percorso alimentare pianificato e corretto.
È opportuno per i pazienti diabetici, nell’elaborazione di una dieta corretta, la valutazione dell’indice glicemico e la conta dei carboidrati introdotti.
Attività fisica
Un altro partner nella gestione del diabete è l’attività fisica utile a contribuire:
- alla perdita di peso;
- al consumo di glucosio nelle strutture muscolari causando quindi l’abbassamento della glicemia;
- all’aumento della sensibilità insulinica;
- alla riduzione della pressione derivata dall’aumento del colesterolo HDL (questo colesterolo viene riconosciuto come colesterolo buono per la sua azione fluidificante del sangue);
- alla riduzione di fattori di rischio di molte condizioni croniche.
L’attività fisica deve essere regolare e adatta alle condizioni del paziente tenendo conto di età, possibilità di spostamenti per raggiungere i luoghi dove viene svolta, disponibilità economiche, malattie concomitanti, eventuali complicanze del diabete.
Anche una semplice passeggiata quotidiana di 30-45 minuti, meglio se con passo veloce, potrebbe portare notevoli benefeci in chi è affetto da diabete.