Il tumore dell'endometrio è la neoplasia dell’utero più frequente ed origina dalle ghiandole della mucosa che riveste la cavità del corpo uterino.
L’utero, infatti, ha una caratteristica forma ad imbuto ed è formato da due parti principali: il corpo, che costituisce la parte superiore, più larga, e il collo o cervice, in diretto collegamento con il canale vaginale, che costituisce la parte inferiore.
Nello specifico, il corpo uterino è formato da diversi tipi di tessuto, con cellule deputate a svolgere funzioni diverse. Lo strato di rivestimento interno del corpo uterino, chiamato endometrio, è costituito da cellule note come epiteliali e ghiandolari; mentre, lo strato di rivestimento esterno più spesso, chiamato miometrio, è formato da cellule muscolari.

I cambiamenti ormonali che si verificano durante il ciclo mestruale influenzano notevolmente la struttura dell'endometrio. Questo tessuto ogni mese si ispessisce, sotto l’azione degli ormoni, per preparare l’utero ad accogliere l’eventuale ovulo fecondato e, in caso di mancata fecondazione, si sfalda e viene espulso attraverso la vagina sotto forma di flusso mestruale. La neoplasia, infatti, interessa principalmente le donne in post-menopausa, tra i 50 e i 70 anni di età, perché il ciclo mestruale comporta un rinnovamento mensile dell’endometrio ed è perciò protettivo.

Spesso il tumore dell’endometrio viene diagnosticato a uno stadio iniziale, perché può determinare frequentemente sanguinamenti uterini anomali, tra un ciclo mestruale e l’altro, o dopo la menopausa.

Sangue

Quasi tutti i tumori del corpo dell'utero hanno origine dalle ghiandole e dalle cellule epiteliali dell'endometrio e sono chiamati adenocarcinomi endometriali. Quando invece il tumore origina dalle cellule dello strato muscolare dell'utero si parla di sarcomi uterini.

Per quanto riguarda gli adenocarcinomi, circa l’80% di essi è rappresentata dai cosiddetti adenocarcinomi endometrioidi. Altre forme più rare e più aggressive sono il carcinoma sieroso, il carcinoma a cellule chiare, l’adenocarcinoma mucinoso, il carcinoma indifferenziato e il carcinosarcoma.

Il tumore dell’endometrio può insorgere in qualsiasi punto della cavità del corpo dell'utero e può presentarsi in due forme:

  • Forma circoscritta: appare come un polipo o, più raramente, come un'ulcerazione o come un nodulo. Il tumore può infiltrare in profondità il miometrio e provocare una progressiva erosione dello spessore muscolare fino a raggiungere il peritoneo.

 

  • Forma diffusa: solitamente dovuta all'estendersi di una forma circoscritta, occupa gran parte della cavità uterina. In alcuni casi è dovuta ad un'origine multicentrica del tumore. L'infiltrazione del miometrio è meno frequente e l'utero, anche se può apparire del tutto normale, presenta un volume aumentato ed una consistenza diminuita.

Inoltre, i tumori dell’endometrio vengono comunemente classificati in due tipologie:

  • I tumori di tipo I: sono più frequenti (80- 85%), sono solitamente estrogeno-sensibili, e sono tipicamente diagnosticati in soggetti giovani, sovrappeso o nei primi anni dopo la menopausa. Preceduti da un’iperplasia endometriale, sono generalmente poco aggressivi ed hanno una prognosi piuttosto favorevole. Di questi, l'adenocarcinoma endometrioide è l'istologia più frequente.

 

  • I tumori di tipo II: meno frequenti (15-20%) e generalmente più aggressivi, hanno caratteristiche istologiche diverse e scarsa o nulla dipendenza agli estrogeni (ad esempio, sierosi, a cellule chiare, a cellule miste, indifferenziati, carcinosarcoma). Colpiscono più frequentemente donne in età più avanzata.

Evoluzione del tumore

Lo stadio di invasione del tumore è espresso dal sistema di classificazione FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia), che è una classificazione chirurgica, e viene elaborata osservando in dimensioni reali ed al microscopio la massa tumorale asportata durante l'intervento chirurgico. È possibile eventualmente utilizzare il sistema di classificazione clinica TNM basato sulla diffusione della malattia (T), sul coinvolgimento dei linfonodi (N) e sulla presenza di metastasi (M); tuttavia non fornisce quell'insieme di elementi che permettono di valutare la diffusione del tumore con esattezza.

Secondo questo sistema di classificazione, il tumore dell'endometrio può essere suddiviso in quattro stadi:

  • Stadio I: il tumore è limitato al corpo dell'utero e non ha invaso cervice, linfonodi o altri siti a distanza.
  • Stadio II: il tumore ha invaso il corpo dell’utero e la cervice, ma non aree al di fuori dell'utero.
  • Stadio III: il tumore si è diffuso oltre l'utero, coinvolgendo altre strutture della regione pelvica e/o i linfonodi.
  • Stadio IV: il tumore ha raggiunto la vescica o l’intestino o ha dato metastasi a distanza, a livello degli organi.

In media, si può affermare che il 70-80% dei casi di tumore dell'endometrio risultano allo stadio I. Le pazienti allo stadio II sono dal 10 al 15% mentre quelle allo stadio III non superano il 15%. Inoltre, più alto è il grado del tumore, maggiore è la probabilità di invasione profonda del miometrio, di metastasi ai linfonodi pelvici o para-aortici o di diffusione extrauterina.

Visita medica

Le cause del tumore dell’endometrio non sono ancora del tutto chiare. Potrebbero rivestire un ruolo determinante i elevati livelli di estrogeni nel sangue: la presenza di un’attività estrogenica non bilanciata adeguatamente dal progesterone (ormone sessuale che svolge attività contrapposta agli estrogeni) aumenta il rischio di sviluppare un tumore dell’endometrio. Infatti, l’utilizzo in passato di terapie ormonali a base di soli estrogeni, somministrate per contenere i comuni disturbi della menopausa, ha causato un picco di incidenza di questo tipo di tumore.

In generale, i fattori di rischio per il tumore dell’endometrio comprendono:

  • Obesità
  • Diabete
  • Ipertensione
  • Squilibrio ormonale di estrogeni
  • Età superiore ai 50 anni
  • Utilizzazione prolungata di tamoxifene nelle pazienti che hanno avuto un tumore al seno
  • Precedente radioterapia pelvica
  • Anamnesi familiare o personale positiva per carcinoma della mammella o dell'ovaio
  • Sindrome di Lynch (sindrome familiare che predispone al tumore dell’utero, dell’ovaio, del colon e dello stomaco)
  • Sindrome dell'ovaio policistico (con aumento degli estrogeni e cicli senza ovulazione)
  • Nulliparità (ossia non aver avuto figli)
  • Menarca precoce
  • Menopausa tardiva
  • Presenza di tumori che producono estrogeni
  • Anovulazione (disfunzione ovulatoria)
  • Terapia con estrogeni senza progesterone per lunghi periodi

Nel 5% dei casi, il tumore dell’endometrio colpisce donne ancora in età fertile, tra queste a maggior rischio sono le donne con ovaio policistico, o affette da mutazioni ereditarie, in tal caso si verifica da 10 a 20 anni prima del cancro sporadico. Circa la metà dei casi che riconoscono una componente ereditaria si verifica in pazienti con sindrome di Lynch, ovvero con sindrome del carcinoma colorettale ereditario non poliposico, le quali presentano un rischio elevato di sviluppare anche un secondo tumore (ad esempio del colon-retto o delle ovaie).

È importante quindi che vengano presi in considerazione la consulenza genetica e/o il test se i pazienti hanno un’età al di sotto dei 50 anni o hanno una storia familiare significativa di carcinoma dell'endometrio o di cancro colorettale ereditario non poliposico.

Dna

La maggior parte dei tumori dell'endometrio (90%) si manifesta con sanguinamento vaginale anomalo, per esempio dopo la menopausa o in un momento diverso rispetto a quanto previsto dal flusso mestruale normale nelle donne in età fertile. Circa, infatti, un terzo delle donne con un sanguinamento postmenopausale ha un tumore dell'endometrio.
Il fatto che questo sintomo si presenti agli inizi della malattia fa in modo che l’80% dei tumori dell’endometrio venga diagnosticato in fase iniziale quando è ancora confinato all’utero. Occorre quindi che ogni donna sappia che una perdita di sangue, anche lievissima, se compare al di fuori del periodo mestruale può essere la prima manifestazione di un tumore dell'endometrio in evoluzione.

Celliule

Riassumendo, i tipici sintomi di un tumore dell’endometrio includono:

  • Alterazioni del ciclo mestruale
  • Metrorragia, ossia perdite vaginali di sangue di vario tipo (rosso vivo, rosso cupo, rosa)
  • Perdite vaginali biancastre maleodoranti (leucorrea)
  • Perdite di sangue dopo la menopausa
  • Dolore agli organi dell'addome e/o della pelvi (colon, intestino tenue, vescica, retto)
  • Crampi addominali
  • Dismenorrea, ossia dolore uterino che si manifesta prima dell'inizio delle mestruazioni
  • Difficoltà nella minzione (disuria)
  • Dolore durante i rapporti sessuali
  • Menorragia, cioè perdita eccessiva di sangue durante le mestruazioni
  • Perdita di peso non legata a una dieta dimagrante

Come per tutti i tumori, una buona prognosi del tumore dell’endometrio è legata molteplici fattori favorevoli, tra cui l’importanza di una diagnosi precoce. Come precedentemente accennato, quando il tumore si forma tipicamente provoca sanguinamenti anomali e sono proprio questi segnali, a maggior ragione se si verificano dopo la menopausa, che portano la donna a rivolgersi al medico e ricevere la diagnosi. La maggior parte dei tumori (80%) sono quindi diagnosticati presto perché precocemente sintomatici. Infine, essendo l’utero un muscolo con pareti molto spesse, in genere quando si arriva alla diagnosi il tumore è ancora confinato alla parte più interna dell’organo e la rimozione dell’utero, in menopausa, comporta la guarigione nella maggioranza dei casi.

SalA OPERATORIA

La fase diagnostica prevede:

  • Visita ginecologica e anamnesi: durante la quale il medico raccoglie informazioni sulla storia clinica e sui sintomi della paziente
     
  • Ecografia transvaginale: è una metodica non invasiva ben tollerata che, tramite una piccola sonda, permette di valutare l'epitelio che riveste la cavità interna dell’utero e di individuare eventuali neoformazioni a livello endometriale.
     
  • Isteroscopia: è un esame endoscopico eseguito in regime ambulatoriale con strumenti miniaturizzati, senza necessità di anestesia generale. Questo esame permette la visualizzazione diretta dell’endometrio, grazie a una telecamera posizionata all'estremità di un sottile strumento, e consente anche di prelevare piccoli campioni di tessuto (biopsia) da analizzare poi al microscopio.
     
  • Risonanza Magnetica: qualora l’esame istologico confermi la natura maligna della lesione si procede alla stadiazione della malattia attraverso una risonanza magnetica nucleare con mezzo di contrasto della pelvi. Rappresenta una metodica non invasiva, che non utilizza radiazioni ionizzanti, in grado di valutare l’estensione loco-regionale della malattia oltre che la struttura della lesione primitiva.
     
  • TAC del torace e dell’addome: è una metodica che utilizza radiazioni ionizzanti, ed è indispensabile per escludere la presenza di cancro extrauterino o metastatico (ad esempio nel polmone).
     
  • PET-CT: identifica le cellule tumorali in attività e può essere utilizzata in casi dubbi di localizzazioni metastatiche del tumore.

Screening per il tumore dell’endometrio per donne ad alto rischio

Lo screening per il tumore dell’endometrio nelle donne asintomatiche non è attuabile mediante il Pap-Test, a differenza di quello che avviene per il tumore della cervice uterina. Questo perché le cellule che vengono prelevate ed analizzate con questa metodica sono esterne alla cavità uterina, mentre il tumore dell'endometrio, a maggior ragione se è in fase precoce, ha sede all'interno di essa.

Occorre quindi prelevare il materiale cellulare dentro la cavità uterina. La metodica migliore per il controllo periodico dell'endometrio è quella che si serve di due strumenti chiamati isteroscopio e microisteroscopio di Hamou che permettono di avere una visione panoramica della mucosa e del corpo dell'utero e di guidare in modo mirato il prelievo delle cellule che le compongono.
Questo esame può essere eseguito come screening periodico eseguito ogni 12 mesi, ed in casi particolari ogni 6 mesi, su donne asintomatiche a rischio, cioè trattate con estrogeni o affette da sindrome di Lynch. La frequenza di tumore dell’endometrio in questo gruppo di donne a rischio ma ancora asintomatiche è di circa il 5-6%.

In caso di donne a rischio elevato sono state proposte per lo screening l’ecografia ginecologica trans-vaginale con la misurazione della rima endometriale ed eventuale campionamento endometriale. Inoltre, l'associazione con altre due metodiche, chiamate flussimetria e color Doppler (che permettono di visualizzare la sua vascolarizzazione), potrebbe migliorare l'accuratezza della diagnosi.

Eco gine

Tra le neoplasie che colpiscono l’apparato genitale femminile il tumore dell’endometrio è quello che ha la più alta incidenza, rappresentando la quasi totalità dei tumori che colpiscono il corpo dell'utero.
Colpisce soprattutto donne adulte in menopausa nella fascia di età compresa tra i 50 ed i 70 anni, con un’età media 61 anni; si presenta solo nel 20% dei casi prima che sia iniziata la menopausa, mentre è raro prima della quarta decade di vita (3-5% dei casi).

Si colloca al quinto posto per frequenza tra i tumori più diagnosticati nelle donne (5% di tutte le diagnosi di tumore). L'incidenza varia ampiamente a seconda delle nazioni e attualmente, in Italia, insorgono all'anno circa 10 cancri invasivi dell'endometrio ogni 100.000 donne.

In base alle caratteristiche e alla diffusione del tumore si sceglie lo schema di trattamento più appropriato.
La chirurgia rappresenta il trattamento di scelta per il tumore dell’endometrio. L'intervento chirurgico può essere eseguito per via vaginale, aperta, robotica o laparoscopica. Nei casi in cui il tumore è confinato all'utero, la chirurgia mini-invasiva con tecnica laparoscopica, ossia senza il taglio sull’addome, è l'approccio preferibile perché consente di limitare le complicanze post-chirurgiche e permette tempi di recupero più rapidi. In particolare, questa procedura viene proposta a pazienti con obesità (media e severa) o con altre comorbidità (diabete, ipertensione, malattie cardiache, ecc.), perché consente di ridurre i rischi operatori, più frequenti in queste categorie di donne.

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Nella maggior parte dei casi la chirurgia è risolutiva, ma possono rendersi necessarie altre cure come la radioterapia, la chemioterapia e l’ormonoterapia.

Qualora si confermasse lo stadio precoce di malattia e non ci siano importanti fattori di rischio, come avviene nella maggior parte dei casi, la paziente sarà sottoposta a controlli inizialmente trimestrali, poi semestrali e in seguito annuali.

Chirurgia

Il trattamento chirurgico standard prevede una isterectomia, che consiste nell'asportazione completa dell’utero e, con l’eccezione di casi selezionati diagnosticati molto precocemente, delle tube, delle ovaie e dei linfonodi pelvici. L’intervento viene eseguito per via laparoscopica o per via vaginale; solo in pochi casi si ricorre all’intervento tradizionale (laparotomia).
La scelta della tipologia di trattamento chirurgico viene eseguita sulla base dell’estensione della malattia. In caso di un esclusivo coinvolgimento dell’utero, di uno stadio molto iniziale e di un istotipo non troppo aggressivo, si procede a una isterectomia totale semplice. Mentre nel caso la malattia si trovi a uno stadio più avanzato, sarà necessario sottoporre la paziente a una isterectomia radicale per via laparotomica, che prevede anche l'asportazione dei tessuti che si trovano attorno all'utero e della parte superiore della vagina adiacente alla cervice. Suddetto intervento implica la perdita della fertilità e, nel caso di rimozione delle ovaie, le donne ancora in età fertile andranno incontro anche a menopausa anticipata, con tutti i sintomi caratteristici quali vampate e sudorazioni notturne.
Durante l'intervento chirurgico è importantissimo effettuare un prelievo del liquido peritoneale per poterlo analizzare al microscopio dall’anatomopatologo alla ricerca di eventuali cellule tumorali, e quindi di un’eventuale positività del fluido peritoneale a cellule maligne. Risulta altrettanto importante ispezionare lo stesso peritoneo, i visceri addominali ed eseguire la biopsia di qualsiasi lesione sospetta, se esiste il sospetto di linfonodi interessati da metastasi.
Le pazienti possono poi essere sottoposte a trattamenti post-operatori (adiuvanti) con lo scopo di ridurre la probabilità di una ripresa locale e/o a distanza del tumore, i quali possono prevedere la radioterapia e, nei casi considerati più aggressivi, la chemioterapia.

Radioterapia

In casi selezionati, quando la chirurgia è controindicata, il medico può raccomandare la radioterapia invece dell’intervento chirurgico.
La radioterapia è una tecnica che si basa sulla somministrazione di raggi ad alta energia in grado di attaccare le cellule tumorali. Ne esistono due tipi principali: la radioterapia a fasci esterni, nella quale la radiazione arriva da una fonte posta all'esterno della paziente e quella interna o brachiterapia, basata sull'introduzione per via vaginale di "semini" radioattivi che rilasciano radiazioni dall'interno.
Se la paziente è affetta da una forma aggressiva di tumore dell’utero o se è ad alto rischio di recidiva, può essere necessaria la radioterapia post-operatoria.

Chemioterapia

Nei casi di tumori in stadi avanzati o con isototipi più aggressivi saranno scelte la chemioterapia, basata soprattutto sull'uso di farmaci come il cisplatino, il carboplatino, il paclitaxel e la doxorubicina, somministrati in diverse combinazioni per via endovenosa. La chemioterapia post-operatoria può migliorare la prognosi in pazienti con tumore dell’endometrio in stadio avanzato, o con malattia a elevato rischio di recidiva sistemica.

Chemo

Ormonoterapia

In casi di malattia avanzata, o qualora sia controindicato un trattamento chemioterapico, può essere indicata una terapia con progesterone. I tumori rispondono alla terapia ormonale con un progestinico nel 20-25% dei pazienti. Inoltre, se le pazienti giovani con tumori meno aggressivi e nessuna invasione miometriale desiderano preservare la fertilità, l'assunzione del solo progestinico è un'opzione.

Nuove terapie

Negli ultimi anni la ricerca ha progredito nello sviluppo di specifiche terapie, come l’immunoterapia e la somministrazione di farmaci a bersaglio molecolare, già utilizzate per il trattamento di numerosi altri tumori ma che hanno dimostrato essere di notevole beneficio anche per il tumore dell’endometrio. Il bevacizumab, in particolare, è un farmaco che agisce sull’angiogenesi, bloccando la formazione di nuovi vasi sanguigni all’interno del tessuto tumorale e quindi non consentendo la sopravvivenza delle cellule neoplastiche. Anche il pembrolizumab, un immunoterapico, quando utilizzato per particolari casi di tumore endometriale, ha dimostrato dare ottimi benefici a queste pazienti.

Una volta che la paziente è stata sottoposta a un intervento per il trattamento di tumore dell’endometrio, la prognosi è influenzata dalla presenza di molti fattori: interessamento dei linfonodi, grado di differenziazione del tumore, penetrazione nel miometrio, tipo di tumore (più o meno aggressivo), positività del liquido peritoneale a cellule maligne, volume del tumore ed età della paziente.

In linea di massima, si può affermare che la sopravvivenza a 5 anni nelle pazienti sottoposte a trattamento chirurgico è la seguente:

  • Stadio I 72/98 %
     
  • Stadio II 30/75 %
     
  • Stadio III 16/60 %
     
  • Stadio IV = 3-10%

Complessivamente, il 63% delle pazienti è libero da tumore ≥ 5 anni dopo la terapia. La mortalità dopo il secondo quinquennio si aggira intorno a una percentuale che va dal 10 al 15%; tuttavia, occorre ricordare che un certo numero di pazienti non muore di tumore ma, data l'età avanzata, muore di un'altra malattia intercorrente.

Gli esami da considerare durante il follow up in una paziente curata ed operata per carcinoma dell'endometrio sono la visita clinica generale e ginecologica, l’esame ecografico e cistologico (prelievo con biopsia ed analisi al microscopio), volti a individuare eventuali segnali di ricaduta. Questa è da eseguirsi ogni 4 mesi nel primo, secondo e terzo anno, ogni 6 mesi dal quarto al decimo anno e poi una volta l'anno per tutta la vita. Qualora però non vi sia il sospetto di recidive o in assenza di indicazioni cliniche non è raccomandato l’utilizzo di esami strumentali più approfonditi (TAC, RNM o PET/TC).

Per quanto riguarda le recidive, il 75% di esse compare entro i primi tre anni dalla terapia e in circa il 70% dei casi compaiono perdite di sangue dalla vagina mentre nel 30% non si rivelano sintomi precoci. Queste possono essere locali (vaginali) nel 20% dei casi, pelviche centrali (che cioè raggiungono il fondo della vagina) e pelviche parietali (ai linfonodi).
Un aspetto da tenere presente è che, dal punto di vista della prognosi, quanto più precocemente si individua una recidiva, tanto più si può sperare di trattarla con successo.
Lo schema di sorveglianza per arrivare a una diagnosi precoce di recidiva comprende, oltre che l'esame citologico vaginale, il dosaggio del marcatore CA 125 (una proteina prodotta dal tumore che aumenta nel sangue in nei casi di tumore e recidiva dello stesso).

La prevenzione primaria del carcinoma dell’endometrio si attua prevalentemente nella correzione di certe scelte e stili di vita considerati a rischio. Poiché diabete, ipertensione e obesità in primis aumentano il rischio di cancro dell'endometrio, le pazienti devono essere informate sull'importanza dell'esercizio fisico, sulla perdita di peso e su una dieta adeguata.

L'alimentazione, per esempio, ha un ruolo importante ed è per questo utile alla prevenzione seguire una dieta sana e ricca di fibre, mantenere il peso corporeo nella norma attraverso regolare attività fisica e, nel caso di particolari condizioni di sbilanciamento ormonale, valutare assieme al ginecologo una terapia ormonale sostitutiva, scegliendo il trattamento più adeguato alle proprie esigenze.

Medicazioni

Nelle donne che presentano condizioni di rischio non correggibili, legati ad esempio alla familiarità o ad altre situazioni predisponenti, è altamente indicato eseguire periodici controlli ginecologici comprensivi di ecografia transvaginale al fine di individuare precocemente eventuali neoplasie. Inoltre, nelle pazienti ad alto rischio (ad esempio affette da sindrome di Lynch) può essere indicato, sotto attenta valutazione del proprio medico e dopo averne valutato i rischi e i benefici, l’intervento chirurgico di isterectomia a scopo preventivo.

Ovaie
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