Il melanoma è un tumore maligno che si origina dai melanociti della cute e delle mucose, da quelli che costituiscono i nevi o, molto più raramente, dai melanociti posti in sedi extracutanee (occhio, meningi, orecchio interno, etc...). Il melanoma si sviluppa in tempi successivi attraverso vari stadi di progressione in cui presenta aspetti clinici ed istologici diversi.
Come è noto, tradizionalmente si distingue in 4 varietà cliniche:
1. melanoma a diffusione superficiale
2. lentigo maligna melanoma
3. melanoma lentigginoso acrale
4.melanoma nodulare
Le prime tre lesioni iniziano con una diffusione ‘piana’ sulla superficie cutanea, che rappresenta la fase di crescita orizzontale (melanoma piano). Dopo un periodo di tempo variabile, questi tumori possono sviluppare componenti nodulari invasive (melanoma piano-cupoliforme).
Invece il melanoma nodulare fin dal primo momento è un nodulo invasivo in profondità (melanoma cupoliforme).
Si tratta di una distinzione importante che non ha solo valore accademico, ma si correla bene anche con la prognosi della neoplasia. Infatti, tra i vari fattori che possono essere presi in considerazione per prevedere l’evoluzione del melanoma, attualmente si considera di primaria importanza lo spessore massimo del tumore*. (Fonte: ISS)
Gli incrementi, pur più modesti, nei tassi di mortalità testimoniano che il melanoma cutaneo è effettivamente aumentato nelle popolazioni europee, o di origine europea, e che le recentissime flessioni della mortalità, soprattutto nei giovani, sono ascrivibili ai primi risultati favorevoli della diagnosi precoce.
Ma anche l’aumento dei tassi di incidenza dei melanomi sottili rispetto a quelli più spessi, porta a ritenere che i progressi diagnostici siano in parte alla base degli aumenti di incidenza riscontrati, soprattutto nell’ambito dell’ultima decina d’anni.
Il melanoma cutaneo negli ultimi 20 anni, mentre le modalità di trattamento non sono molto cambiate, è aumentato notevolmente il numero dei melanomi asportati in fase precoce. Questo aspetto risulta particolarmente evidente in quelle aree geografiche in cui sono state condotte delle campagne di prevenzione secondaria.
Infatti il melanoma cutaneo ha una prognosi - cioè un’evoluzione nel tempo - strettamente dipendente dallo spessore raggiunto nella pelle al momento della sua diagnosi e asportazione.
Se il melanoma è ancora rimasto confinato agli strati cutanei superficiali, la prognosi è generalmente buona, con guarigione del paziente.
Viceversa, se il melanoma ha raggiunto gli strati più profondi perché ha avuto molto tempo di accrescersi prima della sua identificazione ed asportazione, i rischi di vita per il paziente sono molto elevati. Individuare il melanoma quanto più precocemente possibile rappresenta quindi la principale arma per tentare di ridurne la mortalità.
Grazie, quindi, a campagne di educazione sanitaria per incentivare nella gente la sensibilità al “neo che cambia”, adesso la quota di melanomi scoperti quando la prognosi può essere ancora favorevole è arrivata al 60-70%.
Il risultato è stato il miglioramento della sopravvivenza: nel 1960 solo la metà dei malati di melanoma era ancora in vita 5 anni dopo la prima diagnosi, mentre oggi lo è circa l’80% di essi, quindi un 30% in più. (Fonte:ISS)