Il fegato è il più grande organo del corpo umano ed è fondamentale per il mantenimento di uno stato di buona salute, poiché svolge importanti funzioni quali la rimozione di sostanze tossiche dal corpo, la sintesi delle proteine contenute nel sangue e la produzione della bile e di enzimi importanti per la digestione.
Il tumore del fegato è provocato dalla proliferazione incontrollata delle cellule epatiche e si distingue in tumore benigno o maligno.
Nel primo caso, tra le forme di tumori benigni, il più frequente è l'emangioma, che origina nelle cellule dei vasi sanguigni del fegato e di solito viene scoperto per caso durante un'ecografia eseguita per altri motivi. È una forma assolutamente benigna che non richiede trattamento. Gli unici rischi sono quelli di una “rottura” con conseguente emorragia o di una degenerazione maligna.
Tra le altre neoplasie benigne, troviamo l'adenoma semplice, che origina dagli epatociti e prevale nel sesso femminile, soprattutto in caso di utilizzo cronico di anticoncezionali estroprogestinici, come la pillola. Anch’essa è una forma benigna e indolente, ma andrà seguito nel tempo in quanto è caratterizzato dalla formazione di noduli multipli che arrivano anche a 10 cm di diametro.
Un’altra tipologia di tumore benigno è l’iperplasia nodulare focale, anch’esso più frequente nel sesso femminile e, a differenza dell’adenoma epatico, non degenera in forme tumorali maligne né tende alla rottura con il crescere delle sue dimensioni.
Questi sono tumori che hanno una rilevanza clinica solo quando hanno una dimensione molto importante o se compromettono lo stato di salute generale del paziente.
Nel secondo caso, i tumori maligni del fegato possono essere di due tipologie:
- Tumore primitivo: origina generalmente dalle cellule proprie del fegato e in genere non migra in altri organi, ma si diffonde precocemente nel fegato stesso con i cosiddetti tumori multifocali, ovvero multiple localizzazioni all’interno dell’organo.
Il più frequente è l’epatocarcinoma (HCC), che origina direttamente dalle cellule del fegato (epatociti) e nella maggior parte dei pazienti si sviluppa in seguito ad un’epatopatia cronica o cirrosi, che predispone a questo tipo di malattia.
Più raramente questo tumore può svilupparsi dalle cellule delle vie biliari (colangiociti), ovvero dai condotti che portano la bile dal fegato alla colecisti, ed è denominato colangiocarcinoma. Rappresenta circa il 20% dei tumori maligni epatici e la prognosi per questa forma di tumore è piuttosto grave, con scarsa sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi.
L’angiosarcoma, invece, è il corrispettivo maligno dell’emangioma epatico ed è una forma essenzialmente asintomatica fino a raggiungere uno stadio piuttosto avanzato, il che ne peggiora la prognosi e la possibilità di trattamento.
I tumori del fegato possono svilupparsi anche nei bambini: in questi casi si parla di epatoblastoma, per il quale esistono protocolli di diagnosi e cura diversi da quelli per i tumori del fegato degli adulti.
- Tumore secondario o metastatico: rappresenta la tipologia più comune di tumori del fegato, la quale deriva da neoplasie sviluppate in altri organi per poi diffondersi al fegato come sede delle metastasi. Il fegato, infatti, proprio per la sua funzione di filtro dell'organismo, riceve il sangue da quasi tutti i distretti corporei e quindi è facilmente sede di metastasi di altri tumori che trovano nel fegato una sede favorevole al loro sviluppo. Qualsiasi neoplasia primitiva può comportare metastasi epatiche, ma ricordiamo in particolare:
- tumore del colon, dello stomaco e del pancreas;
- tumore della mammella;
- tumore del polmone;
- melanoma;
- linfomi e leucemie
Non è ancora noto l'esatto meccanismo con il quale si sviluppa il tumore del fegato e restano molti punti da chiarire. Alcuni elementi, tuttavia, sono dei sicuri fattori di rischio, tra cui:
- Infezioni croniche da virus dell’epatite B o C: rappresentano uno dei più importanti di rischio, diventando causa di tumore epatico praticamente nell’80% dei casi. È stato, infatti, visto che dove alto è il numero di portatori di epatite virale, i casi di tumori epatici sono altrettanto elevati (ad esempio, l'Africa in cui più del 10% della popolazione è positiva all'epatite).
l virus dell’epatite B e C, se non vengono intercettati e curati, possono persistere negli epatociti causando danni irreparabili al loro codice genetico. Col passare degli anni causano un processo infiammatorio cronico fino a condurre alla cirrosi epatica, che fa da anticamera allo sviluppo del tumore. Tanto che nel 20% dei casi l’epatite cronica può progredire in cirrosi epatica nell’arco di circa 5 anni.
La buona notizia è che esiste un vaccino per l’epatite B,che oggi viene somministrato a tutti i neonati ed è comunque utile a qualunque età. Contro l’epatite C sono, invece, disponibili farmaci molto efficaci che dovrebbero nel tempo ridurre il numero di casi di questa malattia e di conseguenza il numero di tumori.
- Cirrosi epatica: è il fattore di rischio principale, infatti più del 90% degli epatocarcinomi nasce in fegati che presentano questa malattia.
La cirrosi è una patologia epatica caratterizzata dalla distruzione degli epatociti (provocata ad esempio da infezioni virali, abuso di alcol, malattie autoimmuni o farmaci) e dalla formazione di tessuto fibroso cicatriziale che sostituisce il parenchima epatico sano. Si stima che più del 5% delle persone con cirrosi sviluppi un tumore del fegato.
- Aflatossine: è una classe di sostanze chimica nocive prodotte dal fungo Aspergillus Flavus, considerate contaminanti per alcuni alimenti che diventeranno poi veicolo per la tossina. Questa contaminazione è piuttosto frequente in Asia, in Africa e altri Paesi in via di sviluppo.
- Sesso maschile: gli uomini sono più soggetti ai carcinomi epatici rispetto alle donne.
- Età: in Europa, Nord America e Australia il tumore del fegato insorge soprattutto dopo i 50 anni, mentre in Asia e in Africa è più frequente tra i 20 e i 50 anni.
- Fegato steatosico (fegato grasso): cioè l’accumulo di grasso nelle cellule epatiche, che può evolvere in una forma di tipo infiammatorio (steatosi epatica). È stato, infatti, dimostrato che la steatoepatite è un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di neoplasie del fegato. Secondo i dati del Global Burden of Disease 2017, negli ultimi 35 anni i casi di tumore al fegato nel mondo sono aumentati del 114%, con un andamento più accentuato nei Paesi occidentali dovuto a un aumento dei tumori provocati da steatosi epatica.
- Obesità e alterazioni del metabolismo: queste, insieme a diabete, ipertensione e ipercolesterolemia, possono causare steatoepatite, fibrosi, cirrosi e quindi incrementare il rischio di tumore.
- Fumo: aumenta il rischio di tumore del fegato.
- Malattie ereditarie del fegato: ad esempio l’emocromatosi, che provoca un accumulo patologico di ferro all’interno del fegato, ed il difetto di alcuni enzimi come l’Afa-1-antritripsina o la tirosina possono aumentare il rischio di tumore del fegato.
- Associazione di più fattori di rischio: in questo caso, non solo vi è un aumento di rischio di malattia, ma l’insorgenza è più precoce.
Il tumore del fegato, sia primitivo che secondario, non è ereditario, ovvero non è una malattia ereditaria che si trasmette che si trasmette in una linea di tipo genetica tra parenti.
Salvo rari casi, è dovuto a cause note (epatiti virali, alcol o cause metaboliche) che probabilmente sono state responsabili dello sviluppo della malattia.
È però indubbio che se, nel caso della malattia metastatica, in una stessa famiglia vi sono dei fattori di rischio comuni per lo sviluppo di un tumore primitivo, ad esempio del colon, a questo punto è chiaro che vi sarà, in una percentuale maggiore dei casi, una familiarità nei componenti della famiglia stessa. In questi casi però non è il tumore secondario ad esserne la causa genetica, quanto il tumore primitivo che lo provoca.
Il tumore del fegato è stato anche chiamato tumore silenzioso perché, soprattutto nelle fasi iniziali, non dà alcun segno di sé. Questo perché il fegato ha un potere di recupero estremamente alto, per cui se il tumore non raggiunge ad esempio le vie biliari o non raggiunge dimensioni estremamente elevate, può restare completamente asintomatico e ci si accorge della sua presenza solo tramite controlli casuali determinati da altre patologie.
Man a mano che la malattia progredisce iniziano a comparire sintomi specifici, tra i quali:
- dolore alla parte superiore dell'addome che si può irradiare anche alla schiena e alle spalle
- ingrossamento del ventre
- perdita di peso e di appetito soprattutto nelle fasi avanzate di malattia
- gonfiore e sensazione di pienezza
- nausea o vomito
- sensazione di sazietà
- stanchezza e debolezza
- ittero(ingiallimento della pelle e del bianco degli occhi), dovuto al fatto che nel sangue si accumulano concentrazioni rilevanti di bilirubina, quando una porzione cospicua del fegato è interessata dal tumore o quando il dotto biliare è ostruito
- colorazione scura delle urine
- febbre
- sindrome paraneoplastica
Si tratta di sintomi poco specifici, che possono essere riscontrati anche in altre condizioni neoplastiche e no. In ogni caso vanno riferiti al medico, che valuterà la situazione.
Gli obiettivi principali di una diagnosi di tumore al fegato sono determinare la stadiazione del tumore, e quindi la sua estensione nel corpo, e le sue caratteristiche, ovvero capire se è primitivo o una metastasi. Solo una volta eseguiti tutti gli accertamenti e gli esami necessario, e aver determinato lo stadio e le caratteristiche del tumore, sarà possibile per il medico pianificare la terapia.
Esistono diversi modi per verificare la presenza di un tumore del fegato e, in generale, la salute dell'organo:
Esame obiettivo
Il medico specialista, dopo aver completato l’anamnesi del paziente, palpa l'addome per verificare l’eventuale presenza di masse sospette e l’eventuale ingrandimento del fegato e degli organi vicini. Inoltre, verifica la presenza di ascite (liquido che può formarsi nell’addome) e di ittero, ovvero l’ingiallimento della cute o delle mucose. Con l'esame obiettivo si identificano in genere forme tumorali già avanzate.
Esami del sangue
Ci sono diversi parametri che suggeriscono una malattia del fegato, tra cui i dosaggi delle transaminasi e della bilirubina. Il marcatore tumorale più significativo è l'alfa-fetoproteina (AFP), una proteina che è associata alla presenza di neoplasia, anche se è espressa con valori patologici in solo la metà circa dei pazienti con tumore.
Ecografia
Grazie all’esame ecografico è possibile ricostruire in modo del tutto innocuo un'immagine del fegato e degli organi circostanti. È un esame sicuro, efficace e veloce tramite il quale le “lesioni focali”, cioè le masse tumorali, possono essere identificate con buona accuratezza. Un’ecografia sospetta è in genere preliminare a esami più complessi quali TC e risonanza magnetica.
Tomografia computerizzata (TC)
È un esame radiologico digitale effettuato tramite un’apparecchiatura che utilizza raggi X e ricostruisce immagini di diverse sezioni del fegato, degli organi vicini e dei vasi sanguigni. Ciò consente di visualizzare un eventuale tumore del fegato e in genere degli organi interni. Il potere diagnostico della TC può essere amplificato da sostanze come i mezzi di contrasto, iniettate nel paziente prima dell’esame.
Risonanza magnetica (RM)
È un esame radiologico che, anziché utilizzare raggi X, utilizza campi magnetici e onde elettromagnetiche a radiofrequenza. Questo consente di ottenere immagini digitali molto precise ed accurate per studiare le diverse malattie del fegato. Fornisce immagini analoghe a quelle dalla TC ma con orientamenti e specifiche diverse e, come la TC, aiuta a stabilire le zone colpite dal tumore e a distinguere queste dai tessuti sani.
Angiografia epatica
È un esame radiologico invasivo che richiede un ricovero ospedaliero e l’anestesia. Si avvale dell'amplificazione dell'immagine data da un mezzo di contrasto iniettato nell'arteria epatica. Consente di visualizzare i vasi sanguigni che irrorano il fegato ed eventuali tumori, dove la densità dell’irrorazione sanguigna è in genere maggiore.
Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP) ed ecoendoscopia
Sono esami endoscopici, il primo radiologico ed il secondo ecografico, che consentono di visualizzare le vie biliari all’interno ed all’esterno del fegato. Vengono eseguiti principalmente nei casi di tumori che interessano i dotti biliari.
Colangiografia percutanea trans epatica (PTC)
È un esame radiologico, effettuato mediante la puntura diretta del fegato attraverso la parete dell’addome, che consente di visualizzare nel dettaglio le vie biliari all’interno ed all’esterno del fegato. Come i due precedenti esami, la PTC viene impiegata in presenza di tumori delle vie biliari.
Biopsia
Consiste in una puntura ecoguidata del fegato, tramite un sottile ago nell’addome, al fine di ottenerne un campione di cellule da far analizzare all’anatomopatologo. È un esame effettuato per lo più in anestesia locale. Inoltre, la biopsia viene riservata soltanto a casi dubbi in cui sia la risonanza che la TC non sono in grado di dare una risposta precisa. Questo perché la biopsia può comportare dei rischi, tra cui emorragia e l’eventuale disseminazione nella parete addominale di cellule neoplastiche.
Elastografia epatica (FibroScan)
Si tratta di una tecnica utile a quantificare la fibrosi epatica, ovvero il fenomeno di cicatrizzazione conseguente a malattie come l’epatite virale e che può portare alla cirrosi epatica. Questa tecnica è eseguita grazie ad uno strumento, il FibroScan, costituito da una sonda ad ultrasuoni montata su un sistema vibrante, a prima vista simile a quella dei comuni ecografi.
Una volta che si è accertata la presenza di un tumore del fegato, il medico effettua la stadiazione, cioè definisce il grado di malignità e di espansione del tumore finalizzata alla programmazione della cura (in genere utilizzando sistemi di stadiazione specifici, in Europa soprattutto il sistema BCLC). Nel caso del tumore del fegato, questa fase è particolarmente importante per decidere se è possibile o meno procedere per via chirurgica. In quanto la maggior parte dei tumori epatici non può essere rimossa trattata chirurgicamente, ma solo con terapie non-chirurgiche, in considerazione dello stato di compromissione generale del fegato.
L’evoluzione del tumore del fegato è in genere progressiva e porta a graduale indebolimento delle funzioni epatiche. Infatti, la sopravvivenza generale a 5 anni dalla diagnosi è molto bassa e si aggira attorno al 5%: ciò è dovuto al fatto che la malattia viene molto spesso scoperta quando è già estesa.
La malattia ha un'incidenza intorno ai 5 casi su 100.000 persone nei paesi occidentali ed addirittura di 110 casi su 100.000 in alcune aree del mondo (Asia, Africa, America latina), laddove le infezioni da epatite B e C sono più comuni. L'Italia è in una situazione intermedia, con un'incidenza di circa 20 casi su 100.000 abitanti, rappresentando circa il 5% di tutte le neoplasie.
Globalmente, il tumore al fegato rappresenta la terza causa principale di morte per cause oncologiche, dopo il cancro al polmone e allo stomaco.
In Italia si stima che ogni anno siano diagnosticati circa 8.900 tumori primari del fegato negli uomini e 4.000 nelle donne. Sono quindi più frequenti nel sesso maschile, che in quello femminile. Questo proprio perché negli uomini l'incidenza cresce rapidamente con l'età: si passa da 3 per 100.000 casi sotto i 45 anni, a 32 per 100.000 nelle persone con età compresa tra 60 e 64 anni, fino a 62 per 100.000 oltre i 75 anni.
Sono invece più frequenti i tumori secondari, in forma di metastasi epatiche, poiché quasi tutti i tumori primitivi in fase avanzata possono causare metastasi al fegato. Inoltre, è soprattutto legato alla frequenza del tumore del colon, in aumento negli ultimi anni anche per un tipo di disordine alimentare, come per esempio l’eccessivo consumo di carne.
Rispetto ai quinquenni precedenti la speranza di vita appare proporzionalmente migliorata, con una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi che si attesta intorno al 20%, sia pure nel contesto di una malattia comunque a prognosi infausta.
Il tumore del fegato è complesso da curare e può essere affrontato in diversi modi. Per questo è importante che la decisione terapeutica sia presa con un approccio multidisciplinare in centri di provata esperienza e ampia casistica, e che il malato sia informato correttamente e sia parte attiva nelle decisioni che lo riguardano.
La tipologia di trattamento utilizzato dipende dal numero di masse tumorali presenti, dalla loro posizione, volume e dal fatto che abbiano o meno iniziato a diffondersi anche al di fuori dell'organo, e quindi dalla presenza o meno di metastasi, se il tumore si diffonde anche agli organi vicini.
Le tipologie di trattamento possono essere classificate in base alla gravità del tumore:
Tumore localizzato e operabile
Se la massa è unica e il fegato ha ancora una buona funzionalità, si può intervenire per via chirurgica, asportando la parte del fegato interessata dal tumore attraverso un’epatectomia. Gli interventi di resezione epatica del tumore possono essere eseguiti sia per via mini-invasiva (laparoscopica) che in modo tradizionale (laparotomica). A seconda della situazione si può rimuovere anche un intero lobo, purché la parte restante di parenchima sano possa essere sufficiente a svolgere le normali funzioni.
In questo la chirurgia ha un ruolo fondamentale, perché deve essere in grado lasciare una quota di fegato sufficiente a garantire la vita del paziente e ad evitare insufficienza epatica. Perché è vero che il fegato ha una grande capacità rigenerativa, ma questo processo impiega circa un mese e bisogna esser certi durante questo periodo che la quantità di fegato sia comunque sufficiente garantire la vita.
Tumore localizzato non operabile
Il tumore, anche se è confinato, talvolta non è operabile a causa della cirrosi o di altre condizioni che compromettono la funzionalità dell'organo o la salute del paziente in generale, che non è in grado di tollerare un intervento.
In questi casi, per migliorare la qualità della vita e allungarne la durata, si può comunque procedere con una delle terapie interventistiche. Le principali sono:
- Termoablazione: la massa tumorale viene neutralizzata e distrutta con il calore generato da una sonda speciale che vibra secondo le frequenze radio, oppure con il laser o con le microonde.
- Chemioembolizzazione (TACE): Allo scopo di trattenere i farmaci nel fegato il più a lungo possibile, è possibile occludere i vasi sanguigni che nutrono il tumore tramite cateteri e microparticelle embolizzanti.
- Radioembolizzazione (TARE o SIRT): è una tecnica ancora sperimentale che utilizza microsfere radioattive iniettate attraverso un catetere direttamente nell'arteria epatica e da lì nel tumore. La radioattività viene rilasciata localmente, evitando di danneggiare i tessuti sani. Il tumore viene quindi aggredito da una radioterapia specifica veicolata tramite i vasi sanguigni che irrorano la neoplasia e non dall’esterno, al fine di ottenerne un controllo locale.
- Chemioterapia sistemica: include trattamenti sia per ridurre e controllare la malattia al fegato prima di un intervento chirurgico sia per limitare le recidive dopo l’intervento. Attraverso l’utilizzo dei nuovi farmaci biologici è anche possibile personalizzare la terapia per ottimizzarne i risultati.
- Radioterapia: la radioterapia e radiochirurgia permette di irradiare la parte malata del fegato con sofisticati acceleratori lineari che distruggono il tumore preservando però i tessuti sani circostanti. Viene effettuata in pazienti selezionati.
- Trapianto di fegato: si attua solo in caso di malattia non estesa, secondo precisi criteri di selezione e comporta l’inserimento in lista di attesa per la disponibilità di un organo donato. Può essere eseguito solo in centri autorizzati e può essere proposto solo a pazienti che lo possano sopportare, magari anche gravissime da un punto di vista epatico, ma che abbiano un cuore sufficiente che sia in grado di sopportare le importanti variazioni emodinamiche che avvengono nel corso del trapianto.
Tumore in stadio avanzato
In presenza di uno stadio avanzato, la terapia dipende dalle condizioni generali del paziente. Infatti, quando la neoplasia è diagnosticata in fase avanzata con cirrosi che compromette completamente la funzione del fegato, si possono attuare terapie che controllino i sintomi allo scopo di migliorare la qualità di vita.
Qualora il fegato sia in buone condizioni generali è possibile assumere della terapia “mirata” attraverso farmaci antitumorali orali. Se la compromissione non è completa si può utilizzare il sorafenib. Non inferiore al sorafenib in questi casi è il lenvatinib. In caso di progressione a tali farmaci la “seconda linea” di trattamento si basa su altre molecole denominate regorafenib e cabozantinib.
Mentre, una nuova prospettiva per i tumori del fegato non operabili è data dall'immunoterapia, un tipo di trattamento che aiuta il tuo sistema immunitario a combattere il cancro. Dati recenti hanno mostrato che la combinazione di atezolizumab e bevacizumab (una molecola che inibisce la formazione dei vasi sanguigni) aumenta la durata della sopravvivenza e migliora la qualità della vita in questi pazienti rispetto a chi viene trattato con radioterapia e chemioterapia standard.
Purtroppo, le ricadute si possono comunque presentare entro due anni dalla scoperta del tumore primario e possono essere trattate a seconda delle loro caratteristiche.
I trattamenti per la cura del tumore epatico hanno lo scopo di guarire il paziente. Nel caso del trapianto, oltre a rimuovere il tumore, consente anche di guarire il paziente dalle patologie epatiche da cui era precedentemente affetto, come ad esempio malattie croniche del fegato e cirrosi. Questo perché in un intervento di trapianto è possibile di sostituire il fegato malato con uno completamente sano.
Tuttavia, come tutti i tumori, anche il tumore al fegato deve essere costantemente sorvegliato dopo il trattamento. Soprattutto nei casi in cui la patologia di base del paziente non è stata debellata del tutto, ovvero nei trattamenti in cui è stato mantenuto il fegato originale senza trapiantarlo.
Perché il problema grosso è la ripresa dalla malattia, in quanto stiamo parlando di un tumore maligno, e la recidiva del tumore è un evento che purtroppo bisogna considerare. Ciò a cui si dà maggiormente importanza è il follow up di questi pazienti, ovvero il trattamento e la sorveglianza postoperatoria attraverso esami e accertamenti con scadenze abbastanza fisse.
Nel caso in cui dovesse presentarsi una recidiva, come può capitare in una percentuale dal 15% al 30% nei pazienti operati, è fondamentale riuscire a individuare il nodulo metastatico il prima possibile. Questo perché se è ancora di piccole dimensioni e in una fase estremamente precoce, è possibile trattarlo con mini-invasività e con risultati estremamente validi.
Teniamo presente che oggi circa il 60-70% degli interventi chirurgici vengono eseguiti con tecnica laparoscopica, ovvero con tecniche mini-invasive, la quale permette una ripresa postoperatoria molto più rapida e la dimissione del paziente dopo pochi giorni dall’intervento.
Non è purtroppo possibile prevenire il cancro del fegato, se non evitando i più comuni fattori di rischio che comprendono l’esposizione ai virus dell’epatite, il consumo eccessivo di alcol, abitudini che favoriscono il sovrappeso e l’obesità, con alterazioni del metabolismo.
I pazienti a rischio, ovvero quelli con malattie croniche del fegato o con cirrosi, devono rimanere sotto controllo medico e possono sottoporsi a ecografie periodiche per individuare eventuali formazioni tumorali epatiche in fasi più precoci e quindi più curabili.
Come per la prevenzione di tutte le malattie, un corretto stile di vita influisce sicuramente in maniera importante nel prevenire la degenerazione neoplastica. Controllare il proprio peso corporeo, limitare consumo di alcol, evitare un eccessivo consumo di carne, seguire una dieta sana e bilanciata, evitare malattie cardiovascolari sono tutti fattori di rischio modificabili su cui è possibile agire.
Per quanto riguarda le infezioni virali, una misura efficace di prevenzione è la vaccinazione per l'epatite B, che in Italia è obbligatoria per i bambini ed è gratuita per i soggetti a maggior rischio. Mentre, se l'epatite C non sono disponibili vaccini, ci sono farmaci in grado di azzerare la replicazione virale in oltre il 99% dei casi. In caso di infezione cronica da virus dell'epatite B o C è opportuno farsi seguire da centri con adeguata esperienza e controllare l’infezione virale con farmaci adeguati e per ridurre il rischio di sviluppare un tumore.
Fegato
Descrizione | N. valutazioni |
---|---|
Addome gonfio | 1 |
Astenia | 1 |
Dolore addominale | 1 |
Ittero | 1 |
Nausea | 1 |
Perdita appetito | 1 |
Perdita di peso | 1 |
Sazietà anche a stomaco vuoto | 1 |
Stanchezza (Spossatezza) | 1 |
Urine scure | 1 |